Azienda Agricola Cascina Montiglio s.n.c. - Regione Montiglio 10010 Quagliuzzo (TO)

Il Mulino

Il mulino di Cascina Montiglio

Il mulino di Cascina Montiglio era in origine un mulino a tre macine mosse da un’unica ruota idraulica a cassette. Grazie al lavoro di restauro conservativo della macchina e di recupero delle sue funzionalità, oggi il mulino è in grado di macinare farine integre, con caratteristiche salutistiche elevate.

Il recupero del mulino

Da quando la medicina ha lanciato l’allarme sulla nocività delle farine ultra-raffinate sono riapparsi molti mulini a pietra.

Nella maggior parte dei casi si tratta di mulini azionati dalle nuove tecnologie elettriche. Sono pochi gli interventi di recupero dei meccanismi originari che sfruttano la forza motrice dell’acqua.

Il mulino di Cascina Montiglio era in uno stato di conservazione pessimo: della ruota, che era in legno, restavano solo i due cerchioni in ferro, ma questo ci ha permesso di ricavarne il suo diametro originale.

La piattaforma che sosteneva le macine era solo in parte conservata, una macina era stata rimossa perché crollata per usura del soppalco. L’asse motore della ruota idraulica era ancora presente col suo ingranaggio a denti di ghisa. L’albero di trasmissione con le ruote dentate coniche era presente. I denti di legno delle ruote forate alla circonferenza che si ingranano con le ruote dentate in ghisa erano in gran parte consumati. Degli assi verticali per la trasmissione del movimento alla macina mobile, due erano presenti, coi loro meccanismi per alzare ed abbassare le macine mobili. Le bronzine degli assi di trasmissione e dei pezzi mobili verticali erano in cattivo stato di usura. Delle due coppie di macine in sede, una era particolarmente consumata. Una macina aveva ancora un residuo di cassa e la sua tramoggia. Le dimensioni delle macine erano quelle tipiche dei mulini inglesi del settecento con un diametro di 120 cm.

Il recupero è stato mirato al ripristino funzionale di una macina secondo le tecnologie inglesi del settecento, lasciando l’altra macina allo stato di conservazione.

Le parti di trasmissione del movimento della macina in recupero sono state smontate e revisionate in officina, sono stati ricostruiti i denti mobili sostituendo il legno con PPP per evitarne l’usura. Le parti rovinate sono state ricostruite come in origine. È stata costruita una ruota idraulica a cassette in ferro sulla base del diametro ricavato dai cerchioni residui. Le bronzine sono state sostituite da cuscinetti a sfera per ridurre l’attrito e l’usura.

È stata quindi recuperata la piattaforma sostituendo il soppalco rovinato con assi in legno di castagno grezzo. Infine sono stati montati l’asse di trasmissione, gli assi verticali, con la temperatoia ad argano a vite collegato alla macina superiore per permettere la regolazione della distanza delle macine, e la coppia di macine.

La coppia di macine più consumate è stata esposta nel locale del mulino ed è stata sostituita sulla macchina da una coppia di macine degli anni ’50 date in comodato dal Signor Pagliero del mulino di Piova.

Con la costruzione di una cassa e il posizionamento della tramoggia, del truogolo con la tentennella, collegata all’asse verticale della macina, il mulino ha ripreso una sua vitalità!

Per ottenere una farina già grossolana, meno riscaldata e poco stressata, abbiamo utilizzato la matematica J che ci ha fornito importanti indicazioni sul diametro che doveva avere la mola e sul numero di giri da impostare per ottenere una velocità molto bassa.

La velocità periferica è stata calcolata utilizzando la seguente formula:

Diametro della mola espresso in millimetri x numero di giri al minuto x 3,14 diviso 60.000 (numero fisso)

Avremo quindi: 1200 x 80 x 3.14 = 470.910 : 60.000 = 5,024 metri al secondo.

Con una velocità così bassa, è possibile ottenere una farina più grossolana!